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Jeremy Rifkin - interventi (italiano)

archivio cyber

Jeremy Rifkin - interventi (italiano)

22/12/2011
archivio cyber 2005

Rifkin, ridurre orario settimanale per creare posti di lavoro



Ridurre la settimana lavorativa, sul modello francese, dividendo il tempo di lavoro per favorire l’occupazione. E, soprattutto, integrarsi rapidamente con il resto d’Europa, con il mercato commerciale unico più grande del mondo. Questa la ricetta suggerita all’Italia dall’economista americano Jeremy Rifkin, teorico della ‘fine del lavoro’, a Genova per una conferenza organizzata dalla Cna. Una strada che può permettere l’affermazione di quello che nel suo ultimo libro, edito da Mondadori, chiama il ‘sogno europeo’. “E’ meglio per tutti - afferma Rifkin in un’intervista a LABITALIA - lavorare meno ore, ma lavorare tutti, facendo in modo però che nessuno perda nulla, lavoratori e datori. Altrimenti, continueremo ad avere chi lavora troppo e chi, invece, il lavoro non ce l’ha affatto. Riducendo la settimana lavorativa, infatti, si possono creare più posti di lavoro e fare in modo, quindi, che lavorino più persone. Bisogna, poi, creare - continua Rifkin - nuove opportunità di lavoro, per esempio nel no profit, e sfruttare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie. Serve anche più flessibilità”. Ma la flessibilità, avverte, “deve essere su entrambi i fronti, quello della manodopera e quello del management”.

Ma quello dell’occupazione, afferma Rifkin “non è solo un problema europeo”. “In tutto il mondo - spiega a LABITALIA - si stanno perdendo posti di lavoro. I problemi dell’occupazione sono problemi mondiali. Non dimentichiamo che siamo passati attraverso due grandi rivoluzioni, quella industriale e quella che ho chiamato ‘età dell’accesso’, con l’avvento delle tecnologie intelligenti. La risposta, dunque, è che bisogna ripensare il lavoro”. E la strada per farlo, sostiene l’economista americano, è quella europea. “In America, infatti, sono state fatte molte riforme, ma non hanno niente a che fare - sottolinea - con la crescita dell’economia. Tutto quello che abbiamo costruito ha creato non un’economia solida, ma un’economia debole, come dimostra la debolezza del dollaro rispetto all’euro. E non ha contribuito a creare posti di lavoro”.

Stiamo assistendo, infatti, secondo Rifkin, al declino del sogno americano. Mentre la vera sfida oggi, ed è questa la tesi del suo ultimo libro, è rappresentata dal sogno europeo, che è un “sogno globale”. “Il sogno americano e il sogno europeo - sottolinea con LABITALIA - sono basati su presupposti molto diversi, che hanno implicazioni differenti sul piano economico. Il sogno americano è un sogno individuale, dove ogni persona ha la sua opportunità di avere successo. La nostra economia è basata proprio su questo, è un grande mercato dove qualcuno vince e qualcuno perde. Il risultato - avverte Rifkin - è che l’America oggi è al 24° posto nella classifica delle disuguaglianze di reddito nelle nazioni industrializzate, sotto Russia e Messico, mentre solo 40 anni fa eravamo la società più egualitaria del mondo. Quando c’è chi vince e chi perde, il gap tra ricchi e poveri diventa molto grande”.

“In Europa, invece, c’è un sogno diverso, basato - prosegue Rifkin - non sull’individualismo, ma sulla solidarietà all’interno della comunità. L’accumulazione individuale non è così importante per la qualità del lavoro, che è piuttosto una sorta di esercizio comune. Si lavora insieme e si dividono le entrate per avere una vita migliore, dalle prestazioni sociali alla difesa dall’ambiente, al tempo libero. Dunque, il sogno europeo - ribadisce Rifkin a LABITALIA - si fonda sui criteri quali l’inclusione, il multiculturalismo, la qualità della vita, lo sviluppo sostenibile, i diritti sociali e umani universali e la pace”.

“Ma il problema per l’Europa - avverte l’economista - è come mantenere tutto questo. L’Europa, infatti, sta soffrendo e, in particolare, la sua economia. Non stiamo costruendo nuovi posti di lavoro, non stiamo creando un futuro”. Dunque, bisogna cedere al modello americano? Assolutamente no, risponde Rifkin a LABITALIA. “Bisogna insistere sulla via del sogno europeo, puntando sulle prestazioni sociali, facendo funzionare il mercato del lavoro, creando più lavoro flessibile e facendo crescere, così, l’economia. “Ma, per fare questo, è essenziale - sottolinea - arrivare quanto prima all’integrazione all’interno dell’Unione europea, creando un’unica grande rete di comunicazione e di commercio. Solo arrivando a una rapida integrazione - conclude - si aiuterà l’economia a crescere e si realizzerà il sogno europeo”.

07/10/2004




JEREMY RIFKIN: IL LAVORO STA PER FINIRE




Prima di scrivere il libro “The end of the work”, Jeremy Rifkin, presidente della Foundation on economic trends di Washington, era già uno studioso molto apprezzato ma nessuno avrebbe immaginato che la sua previsione di un’inevitabile scomparsa dell’occupazione di massa come conseguenza del progresso tecnologico gli avrebbe fatto conquistare l’attenzione e il rispetto di tutti coloro - uomini di Stato e di governo, scienziati della politica, intellettuali, imprenditori, sindacalisti - per i quali è essenziale capire dove sta andando il mondo e che cosa dovremmo fare per impedire che la rivoluzione telematica, invece di produrre ricchezza e benessere, provochi miseria e nuove esclusioni.

Secondo Jeremy Rifkin, stiamo uscendo dalla rivoluzione industriale ed entrando nel secolo delle biotecnologie. Negli ultimi quaranta anni, due dirompenti novità hanno marciato su binari paralleli: il computer e le manipolazioni genetiche. Questi due filoni ora stanno cominciando a fondersi in un unico campo fatto di bioinformatica e genomica.

Esso darà luogo, nel XXI secolo, a una nuova, grande rivoluzione commerciale.

Il confluire dell’informatica e delle manipolazioni genetiche darà luogo a un tipo di economia che farà assegnamento su una forza di lavoro piccola, di elite. Mai e poi mai - sostiene Jeremy Rifkin - vedremo decine di migliaia di lavoratori uscire dai cancelli di fabbriche come la Microsoft, la Genetech, o di altre industrie del computer, del software, delle tecnologie genetiche perché queste industrie non avranno più bisogno di manodopera di massa. I fattori a determinare questo tipo di disoccupazione discendono più o meno direttamente da una stessa causa, le nuove tecnologie. Le tecnologie stanno diventando talmente avanzate, talmente sofisticate, di quanto tanto elevata e così poco costose che di qui a cinque o dieci anni nessun lavoratore “umano” potrà competere con loro.

Non ci sarà più bisogno di una forza di lavoro di massa perché una quota sempre maggiore di lavoro umano sarà svolta dalle tecnologie intelligenti e da quelle genetiche.

Già oggi settori quali l’agricoltura, l’industria manifatturiera e quello dei servizi, si stanno automatizzando e ristrutturando sostituendo la forza lavoro di massa con gruppi d’elite e nuove tecnologie.

Come in passato, abbiamo un nuovo settore di occupazione emergente, il settore della conoscenza, in cui si vanno continuamente creando nuovi posti di lavoro, nuove opportunità, nuove competenze, nuovi prodotti e nuove merci ma si tratta di un numero di posti assai limitato. Inizialmente il problema della disoccupazione, dice Jeremy Rifkin, riguarderà soprattutto i cosiddetti Paesi in via di sviluppo ma finirà con l’investire anche quelli già molto progrediti.

Il problema maggiore consiste nel fatto che i politici, gli economisti e gli esponenti più in vista delle nostre società non hanno ancora prodotto una ideologia sociale abbastanza forte, che sia cioè all’altezza dei cambiamenti rivoluzionari in corso nell’economia.

Secondo Jeremy Rifkin dobbiamo capire che la corsa al denaro non è la cosa più importante, non è ciò che definisce l’esistenza.

Nel prossimo secolo ci renderemo conto che avere un salario oppure produrre beni e servizi e immetterli sul mercato è senz’altro necessario, ma non sufficiente a salvare l’umanità da un disastro.







IL SECOLO BIOTECH (RIFKIN)




In poco più di una generazione la definizione della vita e del significato dell'esistenza molto probabilmente verrà radicalmente modificata. Convincimenti datati sulla natura, inclusa la nostra natura umana, verranno quasi certamente rivisti. Molte consuetudini pratiche e antiche concernenti la sessualità, la riproduzione, la nascita e la genitura potranno essere parzialmente abbandonate. Anche le idee su eguaglianza e democrazia saranno probabilmente soggette a ridefinizione, altrettanto quanto la nostra visione di cosa significhino termini come "libero arbitrio" e "progresso".


Ed è probabile che la stessa percezione di noi stessi e della società cambieranno durante quello che io chiamo l'emergente Secolo Biotech, come accadde quando lo spirito iniziale del Rinascimento dilago` sull'Europa medioevale piu` di seicento anni orsono. Anche se Dolly la pecora e gli argomenti sulla clonazione hanno raccolto titoli sensazionali e colpito l'immaginazione popolare, molte sono le forze che stanno silenziosamente confluendo per creare questa potente e nuova corrente sociale. All'epicentro opera una rivoluzione tecnologica senza precedenti storici per il suo potere di ricostruire noi stessi, le nostre istituzioni e il nostro mondo: gli scienziati hanno incominciato a riorganizzare la vita a livello genetico.

Le nuove Bio-tecnologie stanno gia` ristrutturando un'ampia gamma di settori che comprendono silvicoltura, agricoltura, allevamenti di bestiame, attività minerarie, energia, biorimedi, materiali da imballaggio e per costruzioni, farmaceutica, medicina, cibi e bevande. Davanti ai nostri occhi si apre un nuovo paesaggio senza mappe e i cui contorni vengono presentemente disegnati in migliaia di laboratori di bio-tecnologia intorno al mondo. Compagnie globali di scienza sulla vita come Novartis, Glaxo-Wellcome, SmithKline Beecham, Du Pont, Eli Lilly, Rohm and Haas, Upjohn, Merck and Dow Chemical, a loro volta stanno manovrando rapidamente per esercitare influenza e controllo sul nuovo commercio genetico.

Tipica di questa tendenza e` l'audace decisione della Monsanto Corporation, da lungo tempo leader mondiale in prodotti chimici, di disfarsi nel 1997 del suo intero settore chimico e di ancorare la sua ricerca, il suo sviluppo e il suo "marketing" a tecnologie e prodotti basati sulla Biotech. L'accentramento consolidato di industrie sulla scienza della vita da parte di imprese commerciali globali rivaleggia con gli accentramenti, le fusioni e le acquisizioni che operano in altri grandi teatri della tecnologia del ventunesimo secolo - telecomunicazioni computerizzate, servizi informativi e di spettacolo - anche se una attenzione molto minore è stata ad esso prestata dai media e dalle direttive dalla politica.

I grandi cambiamenti economici si verificano nella storia quando un certo numero di forze tecnologiche e sociali si mettono insieme per creare una nuova "matrice operativa". Io vedo sette filoni che compongono la matrice operativa del Secolo Biotech. Insieme, essi creano una rete funzionale per la nuova era economica.

Primo l'abilità di isolare, identificare e ricombinare i geni rende per la prima volta disponibile un fondo comune di geni come risorsa di materie prime per la futura attività economica. Tecniche ricombinanti del DNA ed altre biotecnologie permettono agli scienziati e alle imprese biotech di localizzare, manipolare e sfruttare le risorse genetiche a fini specificamente economici.


Secondo la concessione di brevetti su geni, sequenze geniche, tessuti da ingegneria genetica, organi ed organismi, insieme ai procedimenti usati per alterarli, sta dando al mercato l'incentivo commerciale per sfruttare le nuove risorse.


Terzo la globalizzazione del commercio e degli affari rende possibile una riseminazione massiccia della biosfera terrestre con una Seconda Genesi concepita in laboratorio, una natura bioindustriale prodotta artificialmente e destinata a rimpiazzare lo schema evolutivo della natura stessa. Un'industria globale della scienza della vita ha gia` iniziato a esercitare un potere senza precedenti sulle vaste risorse biologiche del pianeta. Settori della scienza della vita, dall'agricoltura alla medicina, vengono concentrati sotto l'ombrello di gigantesche "compagnie della vita" nell'emergente mercato biotech.


Quarto il censimento in corso di circa 100,000 geni che compongono il genoma umano e nuove scoperte nella schedatura genetica, con l'inclusione di Chips DNA, di terapia somatica del gene e l'imminente prospettiva di ingegneria genetica di ovuli umani, sperma e cellule embrioniche, stanno aprendo la strada ad una omnicomprensiva alterazione della specie umana e alla nascita di una civilta` eugenetica sotto impulso commerciale.


Quinto una serie di nuovi studi scientifici sull'origine genetica degli umani comportamenti e la nuova sociobiologia, che privilegia la natura sull'accezione educativa, forniscono un contesto culturale ad una estesa accettazione delle nuove biotecnologie.


Sesto il computer sta fornendo i media organizzativi e comunicativi per l'informazione genetica che e` alla base dell'economia biotech. In ogni parte del mondo i ricercatori stanno usando i computer per decifrare, download, catalogare e organizzare l'informazione genetica con la costituzione di una nuova riserva di capitale genetico ad uso dell'era bioindustriale. Tecnologie computerizzate e genetiche si stanno integrando in una nuova e possente realta` tecnologica. Il presidente di Microsoft, Bill Gates, sintetizza cosi` il nuovo sforzo collaborativo : "Questa e` l'era dell'informazione, e quella biologica e` probabilmente l'informazione piu` interessante che stiamo decifrando, cercando di decidere il suo cambiamento. L'interrogativo e` su come, non sul se farlo."


Settimo una nuova narrazione cosmologica dell'evoluzione incomincia a sfidare la cittadella neo-darwiniana con una visione della natura compatibile con i presupposti operativi delle nuove tecnologie e della nuova economia globalizzata. Queste nuove idee sulla natura permettono la legittimizzazione contestuale del Secolo Biotech con l'assunto che il metodo seguito per riorganizzare economia e societa` e` semplicemente l'estensione dei principi stessi della natura e, in quanto tale, giustificabile.

In breve, il Secolo Biotech porta con se una nuova base di risorse, una nuova serie di tecnologie di trasformazione, nuove forme di esclusive commerciali, un mercato di scambio globale per riseminare il pianeta con una Seconda Genesi artificiale, una emergente scienza eugenica, una nuova sociologia di supporto, una nuovo strumento di comunicazioni per organizzare e gestire l'attivita` economica a livello genetico ed una nuova narrazione cosmologica. Questo composito, geni, biotecnologie, brevetti sulla vita, industria globale di scienza della vita, schedatura e chirurgia dei geni umani, nuove correnti culturali, computers e revisione delle teorie sull'evoluzione, hanno incominciato a rifare il mondo.




Jeremy Rifkin
Roma, 15/10/98

Il secolo biotech: un ‘nuovo mirabile mondo biologico’


SOMMARIO:

* Stiamo passando dalla rivoluzione industriale a quella genetica (1).
* L'intervistato spiega, servendosi di alcuni esempi, che cosa si intende per biotecnologia (2).
* Il prossimo passo delle biotecnologie sarà quello degli esperimenti sugli esseri umani (3),
* con tutti i problemi etici che questo comporta (4).
* Rifkin mette in guardia dal pericolo della discriminazione basata sulla genotipizzazione delle persone (5).
* L'indotto economico collegato a queste nuove tecnologie è enorme, ed enorme sarà il potere commerciale delle industrie farmaceutiche che potranno dettare i termini entro i quali viviamo le nostre vite (6).
* L'intervistato spiega cosa si intende per inquinamento genetico (7).
* La biotecnologia è un ottima scienza; il pericolo sta nel tipo di tecnologia commerciale e sociale che useremo nelle applicazioni di questa nuova scienza. C’è una linea dura e una linea morbida nell’applicazione di questa nuova scienza che si sta sviluppando (8).



INTERVISTA:

Domanda 1
La mia prima domanda è: pensa che la biotecnologia cambierà veramente la nostra vita?

Risposta
Ci troviamo di fronte a uno dei cambiamenti più grossi nella storia della civiltà. Stiamo passando dalla rivoluzione industriale al secolo della biotecnologia. Per 40 anni due tecnologie d’avanguardia si sono sviluppate parallelamente: l’informatica e l’ingegneria genetica, la scienza dell’informazione e le scienze naturali. Ora si stanno unendo, i computer e i geni, per gettare le fondamenta di un’era completamente nuova nella storia mondiale. Sempre più, il computer viene usato come un linguaggio per organizzare i geni, decifrarli, registrare le loro informazioni, per gestirli e sfruttarli. E il grande cambiamento che sta avvenendo nell’economia globale è il passaggio dai combustibili fossili, dai metalli e dai minerali - le materie prime della rivoluzione industriale - ai geni, al commercio genetico, le materie prime del secolo della biotecnologia. Esistono geni per l’alimentazione, nuovi metodi di elaborazione di geni per prodotti farmaceutici e medicine, ma anche per costruire materiali; è possibile usare i geni e la manipolazione genetica per la costruzione di fibre e perfino per nuove risorse di energia. Questo è un grosso cambiamento nella storia. Ora abbiamo nuovi potenti strumenti a disposizione delle società che operano nel campo delle scienze biologiche e della biologia molecolare, che permettono all’uomo di agire come Dio in laboratorio. Possiamo cominciare a riconfigurare, riprogettare, milioni di anni di evoluzione per soddisfare le esigenze del mercato e della generazione attuale. Questo è il più grosso intervento sulla natura mai compiuto in tutta la storia, e solleva grosse questioni ambientali, etiche e sociali.



Domanda 2
Qual è il significato della "biotecnologia" e qual è il cambiamento radicale che porterà: cos’è che si può fare adesso con i geni che non si poteva fare in passato?

Risposta
Questa tecnologia è diversa dalle tecnologie tradizionali di allevamento e selezione. Per migliaia di anni abbiamo creato allevamenti selezionati, fin dagli albori della rivoluzione agricola del Neolitico. Ma nell’allevamento classico, si possono solo far accoppiare specie che sono molto vicine nel regno animale. Per esempio, si può far accoppiare un asino con un cavallo perché sono strettamente vicini, e si può ottenere un mulo. Ma nell’allevamento classico, non si può fare un incrocio di asino con un melo e ottenere qualcosa. Con i nuovi strumenti della biologia, la manipolazione del DNA, la fusione cellulare e altre tecnologie, si può prelevare l’informazione genetica di qualunque specie e ricollocarla all’interno del codice genetico di altre specie. Per esempio, degli scienziati hanno preso i geni umani dell’ormone della crescita e li hanno iniettati nell’embrione di topi: sono nati dei topi con geni umani replicati in ogni cellula del loro corpo. E questi topi crescono due volte di più e più velocemente di qualunque altro topo nella storia. E trasmettono questi geni umani della crescita in tutte le successive generazioni. Questo è straordinario: abbiamo la capacità di inserire materiale genetico umano nel codice biologico di un roditore. Farò un altro esempio. Degli scienziati hanno preso il gene dell’emissione della luce nelle lucciole e l’hanno iniettato in una pianta di tabacco: la pianta si illumina 24 ore su 24. Questo non si può fare con la selezione classica. E c’è un caso ancora più interessante. Anni fa degli scienziati hanno prelevato cellule embrionali di pecore e capre. Ora, queste sono specie non imparentate, non si possono accoppiare. Ma in laboratorio hanno fuso insieme queste cellule e hanno creato una specie del tutto nuova che non esisteva. Si chiama "geep" [da goat, capra e sheep, pecora], ha la testa di capra e il corpo di pecora. Questo non si può fare in un allevamento classico. E, infine, la pecora clonata. Per la prima volta nella storia abbiamo aggirato la necessità della presenza di maschio e femmina, abbiamo aggirato la riproduzione normale tra lo sperma maschile e l’ovulo femminile, e ora possiamo duplicare in massa copie identiche di organismi viventi con lo stesso tipo di controlli di qualità e standard di produzione che nel ventesimo secolo applichiamo alla catena di montaggio nella produzione di massa. Così abbiamo questi nuovi potenti strumenti che consentono alle società che operano nel campo delle scienze biologiche di creare una seconda genesi, di rifare l’evoluzione, di agire come Dio, di diventare gli architetti di un nuovo futuro. Certo, se ci sono molti vantaggi, bisogna anche fermarsi a pensare alle implicazioni ambientali, sociali e etiche di questo salto straordinario della storia, questo balzo verso un ‘nuovo mirabile mondo biologico’ un Brave new world biologico.



Domanda 3
È possibile applicare i risultati della biotecnologia agli esseri umani?

Risposta
Abbiamo già i primi tentativi di terapia genetica negli USA. Più di seicento persone hanno fatto parte di un gruppo di sperimentazione medica in cui i geni vengono inseriti nel loro corpo in modo da cambiare il loro codice genetico per tentare di eliminare dei disturbi. Finora, nessuna terapia è stata efficace. Non hanno funzionato, ma ci stanno provando. La cosa ancor più radicale è che il mese scorso negli USA uno dei nostri migliori biologi molecolari, W. Andersen, ha chiesto al Governo Federale il permesso di fare il primo esperimento su un feto umano, in cui la sua équipe di ricerca cambierà il codice genetico di un feto concepito da poco per cambiare il suo codice genetico. E certo il prossimo passo è programmare neonati su misura, anche prima del concepimento, nell’ovulo e nello sperma. I bambini che ora hanno 4 o 5 anni, quando avranno 25 o 30 anni e vorranno avere un bambino, potranno andare in una clinica col marito o la moglie, e lì potranno avere una mappa del loro intero codice genetico, sapere esattamente che geni hanno e a che cosa essi li predispongono. Così marito e moglie sapranno come sarà il loro bambino quando lo spermatozoo incontrerà l’ovulo. Avranno in realtà una palla di vetro, se si vuole, per conoscere il codice genetico del loro figlio. Ora, se fra 25 anni lei fosse un genitore e sapesse ancor prima del concepimento che trasmetterà la leucemia a suo figlio, non vorrebbe eliminare questa possibilità all’interno dell’ovulo e dello sperma? Se lei sapesse di trasmettere il morbo di Huntington (H’s chorea), l’anemia falciforme o la fibrosi cistica? La maggior parte dei genitori, tutti i genitori vogliono fare del loro meglio per i loro figli. Il problema è che una volta cominciato questo viaggio, in cui i genitori diventano architetti dei loro figli ancor prima del concepimento, il legame genitori-figli cambia in maniera radicale nella storia. I genitori adesso sono nella posizione di poter programmare il loro figlio, e il figlio diventa l’ultima esperienza di shopping. Dov’è che si può tracciare un limite? Se uno in quanto genitore sapesse che può trasmettere geneticamente la predisposizione per la depressione maniacale, l’obesità, il nanismo, la dislessia, non farebbe le alterazioni corrispondenti nell’ovulo e nello sperma? Quindi il problema, una volta che abbiamo dato il via a questa costruzione dei nostri stessi figli, è che stiamo andando pericolosamente verso una civiltà eugenico-commerciale in cui costruiamo la nostra progenie sulla base di una specie di standard di costruzione come quello che usavamo nell’era industriale con i prodotti chimici. Come fa un genitore a decidere come dovrebbe essere il figlio perfetto? E che ne è di te se sei un bambino e crescendo non ti piace il programma genetico che i tuoi genitori hanno stabilito per te? Sei intrappolato, sei fissato, non ci puoi fare niente. E che ne è del bambino che nasce nel modo tradizionale, senza essere stato costruito geneticamente?



Domanda 4
Quali problemi e limiti etici si pongono?

Risposta
Che ne è del bambino nato senza essere stato ‘costruito geneticamente’, senza essere stato programmato dai genitori? Che succede se un bambino non rientra nello standard culturale accettato? O come dovrebbe essere un bambino perfetto? Che succede se questo bambino non costruito ha un handicap? Saremo tolleranti verso questo bambino? O saremo inclini a essere meno tolleranti e a dire che è stato uno sbaglio, che questo bambino è un errore che si sarebbe potuto evitare con una buona programmazione e controlli di qualità? La variabile più grande nel programmare i bambini, nel creare bambini perfetti, è l’empatia. L’empatia è quel filo emotivo sottile che ci mantiene legati agli altri esseri umani. Noi creiamo empatia verso le fragilità altrui, le nostre incongruità, i nostri tentativi di essere umani. Ma quando cominciamo a considerare tutti i nostri figli come dei prodotti, un’esperienza di shopping, uno standard di costruzione, è probabile che saremo molto meno tolleranti verso qualunque bambino nasca con qualche forma di "anormalità" o "difetto". Quindi penso che ci troviamo di fronte a una nuova era; ci troviamo nel momento in cui dobbiamo farci una domanda: "Per il semplice fatto che si può fare, significa che si deve farlo?" Ora abbiamo la possibilità, di qui a 20 anni, di programmare i nostri figli, di progettarli ancor prima del concepimento con l’ovulo e lo spermatozoo. Vogliamo usare questa nuova capacità per dare inizio a una civiltà eugenetica? O forse dovremmo pensarci su due volte, e magari rinunciare? Abbiamo il diritto di intervenire nell’evoluzione futura della nostra specie? Per me, la prospettiva più agghiacciante è che l’evoluzione futura della nostra specie possa essere decisa dalla scelta del singolo consumatore sul mercato. Io credo nel mercato. Il mercato funziona bene per le decisioni a breve termine ma è l’ultimo luogo in cui uno prenderebbe una decisione che coinvolge le generazioni future, perché loro non ci sono qui per farsi sentire. Quindi penso che non si dovrebbe ricorrere alla terapia di tipo genetico, non dovremmo cominciare questo processo di manipolazione dell’ovulo e dello spermatozoo, perché non abbiamo ancora la saggezza sufficiente per determinare il corso dell’evoluzione. Essa è un dono. Non dovrebbe essere un prodotto stabilito dai genitori come se fossero dei consumatori nel mercato biologico.



Domanda 5
Nel suo libro Il secolo biotech Lei parla del rischio dell’affermarsi di un sistema di caste biologiche e della sostituzione della meritocrazia con la genetocrazia. Cosa intende dire?

Risposta
Siamo agli inizi di una nuova era di discriminazione. Di solito si pensa alla discriminazione basata sul sesso o la razza o l’etnia o la religione. Ma ora con la capacità di analizzare gli individui in base al loro codice genetico si comincia a intravedere una nuova e più insidiosa forma di discriminazione basata sulla genotipizzazione delle persone. Nel mio libro, Il secolo biotech, ho inserito uno studio fatto dall’Università di Harvard che mostra che c’è già una discriminazione diffusa da parte delle istituzioni che si basa sui dati genetici delle persone. Le compagnie d’assicurazione, le agenzie d’adozione, le scuole e i datori di lavoro cominciano a fare discriminazioni sulla base di informazioni genetiche. Per esempio, i datori di lavoro potrebbero voler sapere se assumere un uomo o una donna, qual è la loro predisposizione genetica per il cancro o la depressione o qualsiasi altra caratteristica fisica, emozionale o comportamentale. Potrebbero dire: "perché dovremmo assumere uno che ha una predisposizione genetica per il cancro al seno o alla prostata quando dobbiamo spendere un sacco di soldi per la sua formazione e poi magari si ammala?" Il problema è che non per forza uno che ha una predisposizione genetica per una malattia si ammalerà di quella malattia. E anche se si ammalasse, la si potrebbe tenere sotto controllo. Per esempio, un datore di lavoro potrebbe dire: "Beh, non vogliamo assumere uno che ha una predisposizione genetica per la mania depressiva in un lavoro delicato come quello di controllore di volo". Tuttavia, quella persona potrebbe tenere sotto controllo la mania depressiva con un adeguato trattamento farmacologico. Anche qui, uno che non ha una predisposizione alle manie depressive potrebbe subire un trauma terribile nella sua vita e andare in tilt. Voglio dire che giudicare le persone solo in base alle loro predisposizioni genetiche è una discriminazione, perché il gene non è onnipotente. Il gene interagisce con l’ambiente, subisce mutazioni col cambio di ambiente, quindi non racconta la storia completa di un essere umano. Ho paura che vedremo una nuova forma di discriminazione che dividerà le persone per il loro codice genetico. Sarà pericoloso e insidioso. Ci saranno reazioni. Nei prossimi dieci anni vedremo sorgere un movimento per i diritti genetici, così come c’è stato un movimento per i diritti umani e uno per i diritti civili negli ultimi 50 anni. A mano a mano che le persone in tutto il mondo diventeranno vittime della discriminazione genetica si batteranno per il diritto alla privacy genetica e chiederanno una legislazione che tuteli la privacy anche per quanto riguarda la genetica. Affermeranno che nessuna istituzione dovrebbe avere il diritto di usare, manipolare o abusare delle loro informazioni genetiche. Quindi la battaglia per i diritti genetici dominerà sulla politica della prossima generazione e sicuramente in maniera tanto forte quanto le battaglie per i diritti civili e per i diritti umani negli ultimi 50 anni.



Domanda 6
Cosa significa che il materiale vivente può essere brevettato?

Risposta
Il nome del gioco è "geni". Chi controlla i geni controlla il secolo della biotecnologia. Stiamo passando dalla fonte energetica costituita dai combustibili fossili e minerali a quella dei geni. Geni per ogni attività economica. Ora, il pubblico sarà sorpreso di sapere che le fusioni che si fanno nel campo delle telecomunicazioni, del software e dell’industria dello spettacolo sono poca cosa in confronto con le fusioni che avvengono nel campo dell’industria delle scienze naturali. E quello che vediamo è che un certo numero di società che operano nel settore delle scienze biologiche in tutto il mondo cominciano a controllare tutte le mappe genetiche sulle quali è basata la nostra sopravvivenza. Dai semi delle piante commestibili alle fibre al materiale da costruzione alla medicina, tutto è nelle mani di poche società. Nei prossimi 8 anni, virtualmente tutti i 60.000 geni che costituiscono la mappa del genere umano saranno identificati. Ognuno di questi 60.000 geni diventerà virtualmente proprietà registrata di una società. A mano a mano che le società individuano questi geni, come il gene del cancro al seno, il gene della fibrosi cistica, del morbo di Huntington, accampano diritti su di essi come se fossero loro invenzioni. Così tra meno di dieci anni, poche società come Monsanto, Novartis, Smith Kline Beecham e Hoechst Chemical, saranno in possesso della mappa genetica del genere umano, il che darà loro un potere commerciale senza precedenti, tale da dettare i termini entro i quali viviamo le nostre vite, e forse per dettare i termini della futura evoluzione del genere umano. Inoltre, le stesse società stanno analizzando i paesi del Sud del mondo perché è lì che si trovano le risorse genetiche rare. La biodiversità del pianeta, le ricche risorse genetiche si trovano nei paesi in via di sviluppo. Così queste società vanno laggiù, fanno ricerche, individuano dove si trovano i geni che potrebbero avere un valore commerciale e li registrano: possono essere microbi che si trovano nelle piante e negli animali e anche nella popolazione indigena. I paesi del Sud gridano alla biopirateria. Dicono: "Sono risorse nostre, come il petrolio nel Medio Oriente. Dovremmo averne un compenso economico". Il mio parere, e quello che io esprimo in Il secolo biotech, è che il serbatoio genetico deve rimanere aperto. È un patrimonio comune. Fa parte della comune eredità dell’evoluzione. Non dovrebbe essere ridotto a proprietà politica dei governi o proprietà intellettuale e commerciale delle società. Se riduciamo il serbatoio genetico a una proprietà privata che può essere sfruttata commercialmente avremo guerre genetiche nei prossimi secoli, esattamente come le guerre che ci sono state per il petrolio e i metalli e minerali rari nell’era industriale. Quindi ci vuole un accordo internazionale per mantenere aperto questo serbatoio. L’Antartide è un buon esempio. L’ultimo continente è tenuto aperto come un patrimonio comune. Secondo il trattato possiamo esplorarlo scientificamente, ma non lo si può sfruttare commercialmente o possedere. Ci vuole un accordo internazionale simile per mantenere aperto il serbatoio genetico, in modo che possa essere esplorato scientificamente ma condiviso come eredità per le generazioni future.

Vorrei aggiungere una cosa. Ogni genitore dovrebbe porsi questa domanda: i vostri figli crescerebbero meglio o peggio in un mondo in cui dovessero considerare ogni aspetto della vita, le mappe, i geni, i cromosomi, le cellule, gli organi, come delle semplici proprietà intellettuali, come valore commerciale, come invenzioni registrate i cui diritti appartengono a società enormi? Mi sembra che abbiamo da combattere una bella battaglia con i genitori. La vita ha un valore intrinseco o solo un valore commerciale e un valore d’uso? Sono convinto che vedremo sorgere un grosso movimento, una reazione alla pratica delle grandi società di mettere un marchio registrato alla vita, a mano a mano che le persone cominciano a affermare il loro diritto di mantenere i geni come proprietà comune per proteggere le generazioni future.



Domanda 7
Cosa si intende per ‘inquinamento genetico’?

Risposta
Nei prossimi due o tre anni sentiremo un termine nuovo: "inquinamento genetico". L’inquinamento genetico sarà una questione tanto grave per la prossima generazione quanto lo è stata l’inquinamento petrolchimico e nucleare per la generazione precedente. Queste enormi imprese stanno immettendo nell’ambiente scorie di organismi creati dall'ingegneria genetica in laboratorio. Nei prossimi anni sperano di immettere centinaia, migliaia di questi organismi geneticamente manipolati in tutto il mondo sul nostro suolo, nelle nostre acque, per creare nuovi vegetali, nuove fonti di energia, un intero settore di attività. Siamo di fronte all’esperimento più radicale sulla natura mai concepito dall’essere umano. Riseminare la terra con una seconda genesi artificiale. Ora, il problema è questo. Quando si cominciano a introdurre centinaia e poi migliaia di organismi progettati geneticamente in ambienti ai quali non sono stati adattati in precedenza, alcuni di essi possono diventare dannosissimi, rimanere nell’ambiente e provocare una destabilizzazione a lungo termine. Le farò qualche esempio. Negli ultimi tre anni la Monsanto, una società americana, ha cercato di introdurre una pianta che produce plastica, e che si raccoglie come il cotone, in milioni di acri in tutto il mondo. Altre società stanno cercando di creare piante che fungono da impianti chimici e secernono prodotti farmaceutici e prodotti chimici e vaccini. Ora, immagini milioni di acri in tutto il mondo con piante che producono plastica e prodotti chimici e farmaceutici e vaccini. Che succede agli uccelli e agli insetti e ai microrganismi e agli animali che per nutrirsi vengono in contatto con piante che producono plastica e prodotti chimici e farmaceutici? Non ci sono precedenti di questo tipo di cambiamenti radicali nei nostri ecosistemi. In questo stesso momento, le grosse società stanno immettendo sementi di cibo manipolato geneticamente. Qui in Italia e in tutto il mondo è in corso un dibattito su queste piante. Queste piante sono potenzialmente molto pericolose. Contengono geni che rendono le piante resistenti agli erbicidi e geni che le rendono resistenti a insetti e virus. Il problema è questo: abbiamo studi che mostrano come questi geni speciali possono sfuggire al controllo durante l’impollinazione, e così ci può essere un gene resistente all’erbicida o agli insetti che schizza via durante l’impollinazione e si fissa al codice genetico delle erbe infestanti: le erbe infestanti diventerebbero resistenti agli erbicidi e agli insetti. Le erbe infestanti naturalmente si riproducono, proliferano, si diffondono. Immagini il problema su grosse estensioni di terreno, con erbe infestanti che contengono geni resistenti ai virus e agli insetti e agli erbicidi. Quello che il pubblico italiano deve sapere, e in particolare i vostri rappresentanti in parlamento, è che non c’è un risarcimento assicurativo a lungo termine contro eventuali perdite nel caso in cui uno di questi organismi diventasse nocivo. C’è solo un’assicurazione a breve termine per i danni all’agricoltura e per negligenza. Il motivo per cui il sistema assicurativo non farebbe mai assicurazioni per queste perdite a lungo termine è che dicono che nessuna scienza è in grado di valutare i potenziali rischi. Quindi la mia domanda è: non è un atto di irresponsabilità da parte dei governi permettere che vengano introdotti nell’ambiente organismi manipolati geneticamente, di qualunque tipo? Se non ci sono responsabilità per potersi assicurare contro le perdite a lungo termine, chi sarà responsabile? Queste società non potrebbero mai pagare i danni. Se un organismo diventa nocivo, il danno potrebbe ammontare a centinaia di milioni di dollari, forse a miliardi. Chi pagherà i danni? Gli agricoltori italiani? O i proprietari di case o i contribuenti? Sarà il governo italiano ad assumersi per generazioni milioni di dollari di danni in quanto responsabile della tragedia? Dobbiamo imparare una lezione dalla rivoluzione petrolchimica e nucleare. Sollevare subito le questioni scottanti. Assicurarsi di non introdurre nella biosfera niente che possa compromettere le generazioni presenti e quelle future. Sospendere le emissioni di qualsiasi tipo nell’ambiente, finché non venga discussa in parlamento la questione di una valutazione scientifica dei rischi e delle responsabilità.

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Domanda 8
Esistono dei limiti entro cui si dovrebbe mantenere lo sviluppo degli esperimenti di biotecnologia?

Risposta
Qui non è in questione la scienza. Stiamo andando verso il secolo della biologia, della biotecnologia. La scienza ha un valore quando non viene usata in maniera riduzionista. Stiamo imparando molte cose sui geni, come funzionano, cosa fanno, come si comportano nell’ambiente. Questa è ottima scienza. Non è la scienza che è in questione. É in questione il tipo di tecnologia commerciale e sociale che useremo nelle applicazioni di questa nuova scienza nel secolo della biotecnologia. C’è una linea dura e una linea morbida nell’applicare questa nuova scienza che si sta sviluppando. Ciascuna ha dei parametri molto diversi, valori molto diversi. Quanto alla linea dura, le farò qualche esempio: gli alimenti geneticamente trattati. Creare alimenti manipolati geneticamente che resistono agli ecosistemi locali, che sono potenti: questo fa parte della linea dura. La stessa scienza può però anche adottare in agricoltura la linea morbida: è l’agricoltura organica. Potremmo usare questa nuova scienza per creare nei prossimi secoli una produzione agricola a sviluppo sostenibile, su base organica, molto sofisticata. Invece di manipolare i semi in isolamento, fuori dall’ecosistema, potremmo trovare il modo di capire come le nostre specie tradizionali interagiscono con gli ecosistemi locali, in modo da poter integrare al meglio milioni di anni di sapiente evoluzione e creare approcci organici, sostenibili, per rendere le nostre piante compatibili con le dinamiche dell’ecosistema. L’approccio duro consiste nell’agire come Dio, essere l’architetto, l’ingegnere della seconda Genesi. La linea morbida, l’agricoltura organica, consiste nell’agire come un collaboratore e un amministratore. Non manipolare e riprogettare, ma piuttosto trovare metodi di precisione e integrare la saggezza che sta dietro al processo evolutivo con gli ecosistemi locali. Lo stesso nel campo della sanità. La linea dura sarebbe aspettare il momento in cui uno è malato e a quel punto iniettargli i geni per farlo guarire, o, ancor più radicalmente, modificare le istruzioni genetiche nello sperma e l’ovulo in modo da eliminare le potenziali malattie, ma a quel punto rischiamo di creare la nostra propria genesi e una cultura eugenetica. C’è una linea morbida per usare la stessa scienza in medicina, ossia la medicina preventiva: capire meglio come i geni interagiscono con l’ambiente per mantenere la gente in buona salute. Sa che per la maggior parte delle nostre malattie gravi, come l’infarto e il cancro al seno, al colon, alla prostata, il diabete e gli attacchi ischemici c’è una forte componente ambientale. Ognuno ha una diversa predisposizione verso queste malattie, ma l’ambiente che noi creiamo può scatenarli. Se uno fuma molto, beve molto, non fa movimento, mangia grassi e vive nell’aria inquinata, ci sono delle probabilità che soffra di questi disturbi. Possiamo prevenire queste situazioni con la nuova scienza della medicina preventiva. Fra dieci anni saremo in grado di analizzare un neonato e conoscere il suo intero codice genetico e sapere a quali disturbi sarà predisposto nel corso della sua vita. Stiamo anche rilevando il codice genetico di tutti gli alimenti che mangiamo. Così saremo in grado di adattare alimenti specifici che hanno proprietà tali da impedire a certe persone di contrarre certe particolari malattie . Così saremo capaci di venire incontro a ogni essere umano fin dalla nascita con un regime alimentare particolare in modo che i suoi geni non mutino causando malattie. C’è una maniera molto più sottile, elegante, intelligente, di usare questa nuova scienza: la linea morbida. Non implica il trasformarsi in Dio, progettare la vita, ma al contrario il collaborare e comprendere come integrare meglio il nostro senso del benessere all’interno di milioni di anni di sapiente evoluzione.